Come far prosperare l’Italia economicamente.
Nell’estate 1992, scrissi una lettera a Maurizio Costanzo dicendo che il fallimento dello SME, il precursore dell’euro, dimostrava che l’idea della moneta unica per l’Unione Europea era un grosso errore e che l’Italia doveva assolutamente evitare di addottare la moneta unica. Nel ottobre/novembre 1992 Costanzo mi invito’ a partecipare ad un suo Show dedicato all’economia. Tra gli invitati c’era il ministro delle finanze Reviglio, il presidente della Confindustria Luigi Abete, l’economista Giulio Tremonti, il sindacalista Giorgio Benvenuti, ed il dirigente di Tods, Diego Della Valle. Ero l’unico ad essere contro il rientro della lira nello SME e contro la futura moneta unica.
Prima di poter capire quali sono le soluzioni per far uscire l’Italia dalla lunga crisi economica di questi ultimi anni, bisogna capire il perche’ della crisi. Prima osservazione da fare e’ che non si e’ mai visto una simile crisi economica quando c’era la lira. E’ solo con l’euro che si e’ avuto una recessione cosi’ lunga, di otto anni oramai, e una disoccupazione cosi’ alta, oltre al 10% e quella giovanile oltre il 25%. La logica suggerisce che cio’ non e’ una semplice coincidenza, piuttosto e’ un caso di “causa ed effetto”. In fatti, e’ proprio cosi’, anche se i sostenitori italiani dell’euro non lo vogliono ammettere. Perche’ non lo vogliono ammettere? Ci sono due campi. Quelli che pensano che l’Unione Europea ha bisogno, per motivi di prestigio, di avere una moneta di primo rango, alla stregua del dollaro americano. E poi ci sono quelli che pensano che solo una moneta forte come l’euro puo’ proteggere i guadagni ed i risparmi dei cittadini, pensando all ripetute svalutazioni della lira dal Dopo Guerra fino al 2000. Entrambi i campi si sbagliano di grosso.
E’ importante ricordare che il precursore dell’euro, lo SME (Sistema Monetario Europeo) falli’ nel 1992 dopo una breve esistenza. Lo SME agganciava i cambi della lira, del franco francese, della sterlina britannica, e del marco tedesco, obbligando le banche centrali dei rispettivi paesi di evitare fluttuazioni dei cambi tramite manipolazioni dei tassi d’interesse. Quandunque la lira tendeva a scendere rispetto al marco, la Banca d’Italia innalzava subito i suoi tassi d’interesse per attirare maggiormente i capitali e far risalire la lira al punto di partenza. Dato che l’economia italiana era, come sempre, piu’ debole di quella tedesca, dopo un paio d’anni di aggancio dei cambi, il cambio della lira non corrispondeva piu’ alla competitivita’ dell’economia italiana, solo alla competitivita’ dell’economia tedesca, e l’economia italiana entrava in crisi. Lo stesso succedeva all’economia britannica, cosicche’ nell’estate del 1992 l’Italia e la Gran Bretagna dovettero uscire dallo SME. Uscendo dallo SME, la Banca d’Italia e la Banca d’Inghilterra hanno potuto ridurre i loro tassi d’interesse, non dovendo piu’ difendere un cambio commercialmente sovravalutato. Di conseguenza, sia la lira che la sterlina si sono svalutate del 25% rispetto al marco, raggiungendo cambi commercialmente competitivi. In pochi mesi, con i tassi d’interesse ed i cambi rispettivi parecchio piu’ bassi, le economie italiane e britanniche si ripresero velocemente. Oggi, la situazione e’ simile a quella del 1992. Il cambio dell’euro riflette la competitivita’ dell’ economia tedesca, non quella dell’economia italiana. Rispetto all’economia italiana, l’euro e’ molto troppo forte, per cui l’economia italiana non e’ commercialmente competitiva internazionalmente.
Come mai il fallimento dello SME non ha portato all’abbandono del progetto della moneta unica? Perche’ il sogno di una moneta europea prestigiosa rimaneva seducente, ed i dirigenti politici europei pensavano che lo SME falli’ solo perche’ le penalita’ erano troppo leggere. Triplicando le penalita’, nessun paese infrangerebbe le regole (limitando il debito pubblico ed i deficit fiscali) per rimanere nella moneta unica. E cosi’ l’euro fu addottato accompagnato da forti penalita’ in caso di violazione delle regole su i disavanzi annuali. Ma quel ragionamento era ingenuo e sbagliato. Un paese in difficolta’ economica non avra’ mai i mezzi per seguire le regole ne per pagare grosse penalita’! L’esempio piu’ eclatante e’ quello della povera Grecia. Anche l’Italia, la Francia, la Spagna, ed il Portogallo hanno sofferto enormemente in questi ultimi otto anni, anche se meno drasticamente della Grecia, per il fatto che l’euro e’ troppo forte rispetto alle loro economie. Non a caso, i paesi dell’Unione Europea che non hanno l’euro, cioe’ la Gran Bretagna, la Svezia, la Norvegia, e la Danimarca, stanno molto meglio, avendo la propria valuta e la propria banca centrale sovrana. Non hanno mai avuto una crisi economica con disoccupazione alta! Il problema e’ chiaramente che il cambio dell’euro corrisponde solo alla competitivita’ economica della Germania, il peso massimo della zona euro, e non alla competitivita’ economica degli altri paesi della zona euro che sono di un peso ben inferiore. Dunque, la soluzione e’ chiara: bisogna che i paesi deboli rispetto alla Germania escano dall’euro e si riprendono la loro moneta nazionale. Ma senza uscire dall’Unione Europea! Solo dall’euro!
Cosa succederebbe se l’Italia abbandonasse l’euro e si riprendesse la lira, la “lira nuova”? La Banca d’Italia, nuovamente sovrana, potrebbe rincominciare a finanziare gran parte del debito pubblico (con la manovra cosiddetta “QE”), come faceva per decenni dagli anni 1950, e non ci sarebbe piu’ bisogno di una politica fiscale di austerita’. Gli Stati Uniti hanno usato “QE” tramite la Federal Reserve (la banca centrale americana) per finanziare l’intero disavanzo pubblico tra il 2010 e 2014 in modo da uscire dalla crisi economica. Se gli USA possono farlo, come anche il Giappone da decenni, perche’ non anche l’Italia? Si potrebbero subito diminuire le tasse ed aumentare la spesa pubblica. In piu’, la Banca d’Italia potrebbe e dovrebbe finanziare un grosso rimborso tasse in “lire nuove”, l’equivalente di 5 mila euro per ogni contribuente. L’economia si riprenderebbe subito. Poi, la “lira nuova” troverebbe subito un cambio che corrisponde al grado di competitivita’ dell’economia italiana, dando un altra grossa spinta all’economia italiana. Il cambio della “lira nuova” si aggirerebbe inizialmente intorno a 80 centesimi di un euro, e entro un anno con la ripresa economica il cambio salirebbe verso 90 centesimi. Dopo due anni, data la forte crescita economica italiana, il cambio della lira nuova salirebbe a 1 euro, se non piu’ alto. Dunque, inizialmente l’Italia beneficerebbe di un cambio valuta inferiore al 20% di quello attuale con l’euro. Di conseguenza, come nel 1992–93 con la lira uscita dallo SME, tutto d’un tratto il turismo e le esportazioni volerebbero, la disoccupazione scenderebbe e gli introiti fiscali aumenterebbero velocemente. Il disavanzo pubblico si ridurrebbe e le imposte si potrebbero tagliare ulteriormente, al di la’ della riduzione iniziale con il ritorno della lira. Tutte le tasse (sia l’IRPEF che la IVA) finirebbero ridotte del 30% se non di piu’. E la tassa sulla seconda casa sarebbe eliminata, dando un’enorme spinta al settore immobiliare. Finita per sempre la politica assurda e controproduttiva dell’auterity!
L’unico svantaggio iniziale del ritorno della lira con un cambio piu’ basso rispetto all’euro ed il dollaro: le importazioni costerebbero di piu’, cosi’ come i viaggi all’estero degli italiani. Ma, entro un anno, non solo la lira si riprenderebbe parecchio, i guadagni dei cittadini e delle imprese italiane aumenterebbero di molto, sia in termini di lire che in termini di euro e di dollari nonostante un cambio piu’ basso. Proprio come succedeva dal Dopo Guerra fino all’adozione dell’euro. In fatti, l’Italia si e’ arricchita proprio grazie ad una lira che periodicamente si svalutava, garantendo un cambio commercialmente competitivo al paese. Che la lira si svalutasse rispetto al marco tedesco o al dollaro importava poco, dato che gli aumenti dei guadagni in lire erano di gran lunga superiori alle varie svalutazioni della lira. Un semplice esempio: se la lira si svaluta del 10% contro il marco e il dollaro, ma i guadagni in lire aumentano del 20%, il risultato e’ un guadagno del 10% espresso in marchi e dollari. In altre parole, si perde il 10% da un lato, ma si guadagna simultaneamente il 20% dall’altro lato, con un beneficio netto del 10%. Tutto quello senza un aumento della disoccupazione, senza una recessione, senza un aumento del disavanzo pubblico, senza un aumento delle tasse. Invece, con un cambio sovravalutato rispetto alla competitivita’ commerciale del paese, si ha l’inverso, una spirale verso il basso, con un aumento della disoccupazione, una recessione, un aumento del disavanzo pubblico, tagli alla spesa pubblica, e un aumento delle tasse. Cio’ e’ precisamente cio’ che e’ successo con l’euro in questi ultimi otto anni. L’austerity e’ la conseguenza diretta dell’ euro e dalla conseguente perdita della sovranita’ della banca centrale italiana, la Banca d’Italia.
E’ importante sottolineare che il ritorno della lira con la “lira nuova” non significa che i cittadini italiani non possono tenere i loro risparmi in qualsiasi valuta desiderano. I cittadini sarebbero sempre liberi di mantenere dei conti in banca in euro, in dollari, o in qualsiasi altra valuta, a fianco dei loro conti in lire. Dunque, i conti bancari in euro dei privati non sarebbero mai obbligatoriamente convertiti in lire. Starebbe ai cittadini decidere quanto dei loro conti bancari in euro sarebbe da trasferire in un conto lire. I risparmi in euro non sarebbero toccati, per cui i cittadini e le imprese conserverebbero tutti i loro euro finche’ vogliono. E’ solo che tutti i pagamenti e tutte le transazioni commerciali in Italia si farebbero dorinavanti in lire. Dal primo giorno del ritorno della lira, tutti i prezzi in euro sarebbero espressi in “lire nuove”, inizialmente nello stesso ammontare. Cosi’, un caffe al bar che costava un euro costerebbe una “lira nuova” il primo giorno del ritorno della lira. Un salario di 2,000 euro al mese diventerebbe 2,000 “lire nuove” al mese. Una pensione di 1,000 euro al mese diventerebbe 1,000 “lire nuove” al mese. Mantenendo il mercato libero, i prezzi fluttueranno, come hanno sempre fatto in una economia libera. Quanto ai debiti esistenti in euro al momento del ritorno della lira, essi rimarrebbero ripagabili in euro, non sarebbero convertiti in “lire nuove”. Cosi’, i creditori non sarebbero trattati in modo sfavorevole, mentre i debitori, trovandosi con piu’ lavoro e guadagni in aumento, finirebbero per poter estinguere i loro debiti in euro con piu’ facilita’ nonostante un cambio inizialmente piu’ basso. Comunque, lo stato potrebbe facilmente dare assistenza ai debitori di euro durante un periodo di transizione, prestando la differenza dovuta alla svalutazione della lira a condizioni favorevoli.
Molti si lamenteranno che un salario mensile di 2,000 euro diventando 2,000 “lire nuove” comportera’ un salario diminuito in termini di euro se il cambio della lira scende dalla parita’ iniziale a 80 centesimi. Cioe’, 2,000 “lire nuove” corrisponderanno a 1,600 euro dopo la svalutazione della nuova lira a un cambio di 80 centisimi di euro per una lira. Viaggi all’estero costeranno di piu’: per esempio, un caffe’ a Berlino costera’ il 20% di piu’. Ma quando la lira nuova vale 80 centesimi di un euro, la competitivita’ dell’economia italiana aumenta, con l’effetto che ci sarebbe una forte ripresa economica: ci sarebbe un boom del turismo e delle esportazioni, i profitti delle aziende crescerebbero, la disoccupazione scenderebbe, ed i salari comincerebbero a crescere. E’ sempre avvenuto con la vecchia lira: ogni svalutazione ha prodotto in poco tempo una ripresa economica ed un aumento dei salari superiore alla svalutazione entro un anno o due. Cosa e’ meglio, restare con l’euro ed avere le tasse alte e molta disoccupazione, o tornare con la lira ed avere le tasse molto piu’ basse e poca disoccupazione? Restare con l’euro e guadagnarne pochi, o tornare con la lira e guadagnarne tante? La vecchia lira si e’ svalutata frequentemente, ma cio’ non ha impoverito gli italiani, cio’ ha arricchito gli italiani che hanno potuto comprare di piu’ in piu’ Mercedes, BMW, e Audi, proprio grazie alla lira svalutata e competitiva che ha permesso all’economia italiana di girare.
Bisogna anche capire gli enormi vantaggi che ha un paese con la propria valuta e la propria banca centrale sovrana. Come gia’ spiegato, avere la propria valuta libera di fluttuare nei cambi assicura a un paese di avere un cambio che corrisponde al grado di competitivita’ commerciale internazionalmente. Cioe’ di evitare sempre un cambio commercialmente sovravalutato come l’Italia ha avuto sotto lo SME e sotto l’euro. In piu’, avere la propria banca centrale sovrana permette di finanziare il disavanzo pubblico senza alcun costo durante periodi di recessione e disoccupazione, ed anche di evitare un aumento delle tasse e tagli alla spesa pubblica. Cio’ avviene tramite il cosiddetto “QE”, cioe’ quando la banca centrale del paese compra le nuove emissioni di buoni del Tesoro che finanziano il disavanzo pubblico. “QE” consiste essenzialmente di nuovi soldi stampati dalla banca centrale per finanziare il debito pubblico, ed e’ quello che ha salvato gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, ed il Giappone in questi ultimi otto anni. “QE” era una prassi normale della Banca d’Italia ai tempi della lira, e cio’ evitava lunghe recessioni con alta disoccupazione, ed evitava rialzi delle tasse e grossi tagli alla spesa pubblica. “QE” sono soldi stampati, ma non portano all’inflazione quando non sono eccessivi, cioe’ quando non portantano ad una domanda complessiva in eccesso della capacita’ produttiva del paese. Dunque, “QE” va sempre calcolato bene, con riguardo al tasso di disoccupazione ed al livello di capacita’ produttiva del paese. La Federal Reserve, la banca centrale americana, ha finanziato l’intero disavanzo pubblico del governo federale tra il 2010 e il 2014 (oltre 3 mila miliardi di dollari) senza alcun aumento del tasso d’inflazione, la prova che “QE” non e’ inflazionistico quando non e’ eccessivo.
Nell’ attesa di un ritorno alla lira, la Banca Centrale Europea guidata da Christine Lagarde dovrebbe subito finanziare un grosso rimborso tasse con “QE”, nell’ordine di cinque mila euro per ogni contribuente della zona euro. Cio’ aumenterebbe il potere d’acquisto in modo sostanziale e permetterebbe ai consumi di prendere il volo, condizione necessaria per una ripresa economica veloce. Il bello di un rimborso tasse finanziato dalla Banca Centrale Europea e’ che tratta equamente tutti i contribuenti, dato che ogni contribuente riceve esattamente lo stesso rimborso tasse. Non c’e’ favoritismo. Dunque, nessuno ha da lamentarsi, ne’ ricco ne’ povero, ne’ italiano ne’ tedesco. E quando un rimborso tasse e’ finanziato da “QE”, il costo e’ zero, dato che sono nuovi soldi stampati dalla banca centrale. Tutti i cittadini e tutte le imprese della zona euro beneficerebbero enormemente.
La politica addottata dalla Banca Centrale Europea sotto Mario Draghi era e rimane di abbassare i tassi d’interesse quasi a zero per stimolare i consumi a credito, ma cio’ non ha funzionato perche’ c’e’ un indebitamento eccessivo insieme alla recessione, e cio’ impedisce un aumento di crediti per il consumo. Oggi, l’unico modo per stimolare i consumi e’ di mettere soldi direttamente nelle tasche dei consumatori, e cio’ tramite un rimborso tasse finanziato da Lagarde con “QE”. Essenzialmente, Draghi ha fatto un “QE” per aiutare i governi e le banche, e recentemente per aiutare le grosse imprese, comprando le loro nuove emissioni di obbligazioni. E’ ora che la Banca Centrale Europea sotto Lagarde faccia un “QE” per aiutare i consumatori contribuenti della zona euro. Se lo avesse fatto otto anni fa’, si sarebbe evitato una lunga recessione con un’altissima disoccupazione dovuto all’errore madornale della politica economica dell’austerity che ha trasformato una semplice recessione in una depressione, proprio come e’ avvenuto negli Stati Uniti negli anni Trenta con la Grande Depressione. Si vede che Draghi, assieme a tutta la professione economica della zona euro, ignora la storia e l’esempio della Grande Depressione americana, e manca di logica. La politica di austerity del primo ministro Monti, professore di economia alla Bocconi, assecondata dalla Banca Centrale Europea di Trichet, era proprio l’opposto di quello che bisognava fare in Italia. Non e’ bello ne’ confortante sentirsi dire che i dirigenti economici della zona euro sono stati e rimangono incompetenti, ma cio’ e’ la verita’ che bisogna riconoscere se si vogliono fare dei progressi ed uscire velocemente dalla crisi in modo definitivo. Lagarde deve capire che rimborsi tasse finanziati da “QE” devono essere usati quandunque inizia una recessione in modo da stroncarla subito, prima che la disoccupazione salga di molto.
Bisogna che tutti capiscano quanto sia essenziale avere un grosso rimborso tasse finanziato da Christine Lagarde con “QE” al piu’ presto, e che la soluzione per evitare lunghe recessioni ed alta disoccupazione nel futuro e’ proprio l’utilizzare la tecnica dei rimborsi tasse finanziati da “QE”, sia dalla Banca Centrale Europea, sia dalla Banca d’Italia una volta tornata la lira. Altrettanto importante e’ il capire che candidati e partiti politici che non propongono rimborsi tasse finanziati da “QE” come strumento per stimolare una economia debole, sono candidati e partiti che non capiscono niente di economia e saranno incapaci di ben gestire il paese. Bisogna cercare e votare solo per candidati e partiti che promettono di istaurare il sistema di rimborsi tasse finanziati da “QE” oggi e nel futuro quandunque c’e’ un inizio di recessione e di disoccupazione. Bisogna non fidarsi mai di candidati e partiti che hanno programmi vaghi senza chiare spiegazioni logiche di come raggiungere i risultati promessi. Bisogna fidarsi solo di candidati e partiti che hanno programmi chiari, dettagliati, logici, e convincenti.
Ovviamente ci vorranno delle grosse riforme per ottimizzare la crescita dell’economia italiana e il benessere degli italiani, ma cio’ si puo’ fare solo quando l’economia va a gonfie vele e la disoccupazione e’ praticamente zero. Nell’immediato, invece, bisogna concentrarsi su come ottenere velocemente una economia forte con la disoccupazione bassa. Cio’ richiede un grosso rimborso tasse di 5,000 euro finanziato da Christine Lagarde con “QE” per tutti i contribuenti della zona euro. Gli italiani devono capirlo, e votare per candidati e partiti che promettono di spingere Lagarde a fare subito un grosso rimborso tasse, e che promettono di tornare alla lira, cose essenziali per il benessere sia dell’Italia che per l’Unione Europea. L’euro non ha rafforzato l’Unione Europea, invece l’ha indebolita e la mette a rischio con la politica economica sbagliata dell’austerity, della moneta unica, e dei tassi d’interesse ultra-bassi e negativi che nuociono gravemente sia i risparmiatori che il settore bancario e assicurativo. Il destino degli italiani rimane nelle loro mani, finche c’e’ democrazia. Sta ai cittadini italiani di aprire gli occhi, ragionare in modo rigoroso, e fare le scelte giuste.
© Edward Sonnino 2020
14 febbraio 2020
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